Lo Sferisterio festeggia la sua 50° stagione lirica riportando sulla scena Aida, il titolo che nel 1921 trasformò quello che fino ad allo era stato uno stadio per la palla al bracciale in uno dei più straordinari palcoscenici del mondo dell’opera. La regia è affidata a Francesco Micheli che al suo terzo anno di direzione artistica del Macerata Opera Festival dirige per la prima volta un titolo operistico allo Sferisterio dopo aver curato diverse serate speciali. Sul podio dell’Orchestra Regionale delle Marche Julia Jones, una delle bacchette più apprezzate in tutta Europa cui, in linea con il titolo di questa edizione, “L’opera è donna” seguiranno Eun Sun Kim per Tosca e Speranza Scappucci per La traviata. Il quartetto dei protagonisti vede il ritorno di un’artista di casa a Macerata come Fiorenza Cedolins nei panni di Aida e i debutti allo Sferisterio di Sergio Escobar come Radames, Sonia Ganassi come Amneris e Elia Fabbian come Amonasro. Con Micheli tornano a collaborare Edoardo Sanchi per le scene sviluppate dalle illustrazioni di Francesca Ballarini, e Silvia Aymonino per i costumi.
In occasione della prima del 18 luglio uno spettacolo di videomapping, offerto da Hera comm Marche, animerà la facciata dello Sferisterio.
A tracciare il cammino verso l’incontro in Arena con Aida, tre ricchi ed eterogenei appuntamenti del Festival OFF: si inizia alle ore 12 agli Antichi Forni dove ritornano gli Aperitivi Culturali organizzati da Sferisterio Cultura. Julia Jones e Carla Moreni dibattono sulle esotiche rivali Aida e Amneris; segue alle ore 18 l’immancabile appuntamento nelle serate d’opera allo Sferisterio: Fiori Musicali nel parco di Villa Cozza, a cura di Cesarina Compagnoni. L’ultimo tassello, prima di poter finalmente varcare la soglia delle porte dello Sferisterio, è Pomeridiana che, dopo aver già approfondito i risvolti psicologici di Aida nella conferenza “L’opera sul lettino”, propone letture e musica nel cortile di Palazzo Conventati alle ore 19 con Cecilia Airaghi e Meri Bracalente.
Per Francesco Micheli, Aida è un album di ricordi, uno sguardo che Verdi volge ad una civiltà arcana tutta volta ad edificare l’aldilà. Una realtà tanto lontana da noi da essere al tempo stesso antichissima e futuribile: non a caso i personaggi vestiti da Silvia Aymonino indosseranno vesti di materiali modernissimi, come personaggi di Avatar. Lo spettacolo presenta la vicenda di Aida e Radamès nel racconto di Ramfis, sacerdote e scriba, che lo incide in geroglifici sul muro dello Sferisterio, ma il linguaggio per ideogrammi ci riporta anche alla comunicazione digitale. Lo scriba egizio è anche un blogger dei nostri tempi, il papiro è un laptop. Le immagini bidimensionali che costituiscono le scene di Edoardo Sanchi sono ispirate al Libro dei Morti, testo fondamentale anche della nostra cultura se è vero che da esso sono tratti i biblici 10 comandamenti, e ci parlano di una civiltà votata alla costruzione di tombe monumentali. A queste tombe guarda un Verdi ormai maturo e disilluso che supera il vitalismo della cosiddetta trilogia popolare per raccontarci storie d’amore che trovano compimento solo oltre la morte (Radamès e Aida, ma – non a caso – anche Carlo ed Elisabetta nel Don Carlos). Nell’aldiquà c’è spazio solo per il silenzio e l’inganno su cui sono costruiti i rapporti tra personaggi incapaci di capire le ragioni reciproche. Da qui la parziale riabilitazione di Amneris, che condivide complessità e contraddizioni proprie di tutti i protagonisti dell’opera. Morte, solitudine e tradimento sono al centro dell’allestimento, sottolineate più che negate dalle esplosioni di energia e calore concentrate nei balletti, qui ripensati con piglio modernista – fino al’hip hop – da Monica Casadei.
A stretto contatto con il regista si è mossa Julia Jones, al debutto nei difficili spazi dello Sferisterio ma convintissima delle ragioni di un’Aida intima, tutta giocata sulle relazioni tra i personaggi. Per Jones Verdi, al temine di un periodo di crisi creativa, vede nell’orientalismo di Aida soprattutto un’occasione per sperimentare soluzioni nuove e anticipatrici, al limite dell’impressionismo, scegliendo spesso impasti delicatissimi e antispettacolari: l’esibizione muscolare è limitata al trionfo. Lo si dice sempre e non lo si fa mai: fuori da quell’unica scena Aida è un’opera cameristica per orchestrazione e situazioni drammatiche: i personaggi si affrontano per lo più faccia a faccia, raramente in terzetto e quasi mai in insieme.
Fiorenza Cedolins, voce italiana di casa alla Scala come a Salisburgo e Londra, torna sulla scena dove a inizio carriera interpretò una memorabile Butterfly diretta da Massimo de Bernart (ne parlerà il 3 agosto in un aperitivo culturale con Henning Brockaus). Il ritorno alla parte (sostenuta l’anno scorso per l’Aida del centenario all’Arena di Verona) è per la cantante l’occasione per promuovere come testimonial il Progetto “Aida per le donne etiopi” sviluppato congiuntamente dall’Associazione Arena Sferisterio e ActionAid, che dal 2014 è Social Partner del Festival. Il progetto è volto alla al riscatto economico e sociale delle donne nel distretto di Azernet, a sud di Addis Abeba. A tutti gli spettatori sarà chiesto di aggiungere al prezzo del biglietto una donazione di € 1 e Fiorenza Cedolins sarà ospite d’onore di un ricevimento di raccolta fondi che seguirà la recita del 27.